Essere una donna che scrive di uomini
“No guarda, non mi interessa il tuo libro se i personaggi fanno sesso con una donna.”
“Che schifo le donne nei romance MM!”
“L’ho detestata, si metteva solo in mezzo tra i protagonisti.”
“Io questi gay che diventano etero e poi tornano gay proprio non li posso vedere.”
Queste sono alcune delle frasi che, in qualità di autrice romance MM, mi sono sentita spesso dire negli anni. Vorrei potevi rivelare che in realtà sono finte, ma non solo sono verissime, ma a dirmele sono state sempre donne.
Quello del romance MM è un mondo davvero strano. La sua dicitura indica Male to Male (Uomo/Uomo), che fa da contraltare a romance FM (ovvero Donna/Uomo) ma ha anche altre declinazioni a seconda del sesso dei partecipanti e alla loro quantità: FF (Donna/Donna), MMF (Due uomini e una Donna), MMM (Tre Uomini) e così via, a seconda delle necessità. Tutto ciò che esula dall’FM si può tradurre come LGBT+ Romance, termine ombrello perché non essendo etero, può racchiudere un sacco di varianti.
Eppure quello del romance MM è sempre stato ridotto a due parole: gay romance. E a me questo termine sta stretto, perché non è mica detto che i miei personaggi siano gay! Qui potrei aprire una digressione lunghissima e infinita sull’argomento, ma vi basti sapere che buona parte dei miei personaggi sono bisessuali.
Ora: in quanto autrice di romance MM, so che il mio fine ultimo è una storia d’amore con lieto fine tra due uomini (o tre, come mi è capitato di recente). Per cui, per forza di cose, i personaggi femminili soffriranno sempre parecchio dello spazio risicato a loro concesso per ovvi ed evidenti motivi: non possono essere personaggi principali perché non è il punto della storia.
Quindi cosa succede? Succede che in questo tipo di romanzi, le donne avranno sempre un ruolo da comprimarie, spesso relegate a fare da “cattive” della storia o da mammine, madri isteriche, madri comprensive, la migliore amica frociarola, l’ex moglie infame, l’ex moglie bravissima ma morta.
Che fare? Purtroppo anche io mi sono ritrovata a usare queste figure in tale maniera, finché non ho deciso di cambiare. Sono una donna e sebbene le mie storie parlino di uomini, non sono la mammina, l’amica frociarola o l’ex infame di nessun uomo. Come ho già detto, buona parte dei miei personaggi sono bisessuali e, siccome scrivo erotica, spesso mi ritrovo a scrivere scene di sesso MMF per rappresentare fisicamente il loro orientamento sessuale. La storia sarà sempre MM nella sua risoluzione perché è questo il patto con il lettore, ma in alcuni punti potrò permettermi di introdurre personaggi femminili diversi dalle solite categorie. Questo però mi ha fatto guadagnare i commenti di cui sopra.
Questa cosa però a me non va giù.
Perché non è successo solo a me, ma anche ad altre colleghe che si sono viste magari recensire negativamente a causa di questo espediente narrativo. In questo mondo le donne non possono essere “qualcosa di più”. E non parliamo di personaggi AFAB che però sono maschili, unicorni misteriosi che raramente si avvistano nel mercato MM italiano, dominato da traduzioni di libri standardizzati.
Perché c’è uno standard e voi non lo sapevate.
Tanto tempo fa, lavoravo per una casa editrice americana di cui non faccio il nome, ma non vi è difficile capirlo. Questa CE (con un team composto al 98% da donne) aveva, nelle submission, un file in cui spiegava come dovevano essere composti i manoscritti che si mandavano in visione. Quanti POV erano concessi, entro quanti capitoli i personaggi dovevano incontrarsi, entro quanti capitoli dovessero fare sesso e, soprattutto, era scritto a caratteri cubitali: niente donne.
Niente donne in mezzo la coppia protagonista. Niente donne che non fossero madri isteriche, madri comprensive, la migliore amica frociarola, l’ex moglie infame, l’ex moglie bravissima ma morta.
Me lo ricordo come se fosse ieri, perché quando ho visto questo file sono rimasta sconvolta. Questo è stato, tra le altre cose, non solo lo standard per tutti i libri pubblicati da questa casa editrice, ma anche di tutte le altre CE e autrici self anglofone che gravitavano intorno a questa realtà. E lo è ancora per le autrici più vecchie, che non si sono mai staccate veramente di dosso questa cosa.
Qui ho capito una importante verità: alla maggior parte delle persone che legge storie LGBT di questo tipo, interessa solo la G nell’acronimo. Maschi, cis e gay. O maschi etero che guarda caso si innamorano di un altro uomo, ma solo di quello (lo stramaledetto gay for you) ma che nel mentre non toccano una donna nemmeno con le mani di un altro perché è vietatissimo.
Perché le lettrici sono gelose. Ma poi si mettono la bandierina LGBT nella foto profilo di Facebook.
A me questa cosa ha sempre mandato ai matti, motivo per il quale me ne sono sbattuta ampiamente le ovaie e ho continuato a fare quello che stavo facendo prima. Ho però preferito orientare la dicitura dei miei romanzi da Romance MM a LGBT+ Romance perché credo che come termine racchiuda meglio la pluralità delle mie nuove storie.
Ma sorge spontanea una domanda: se volevo scrivere di donne, perché non scrivo FM? Perché a me, amici miei, di scrivere storie etero non me ne frega un cazzo. L’ho fatto una volta e non è andata bene, perché a chi legge FM importa poco di avere le aspettative sovvertite: vogliono un’eroina fragile che venga salvata da un uomo e a me questa roba non va di scriverla.
Quando invece mi frega, scrivo sempre MM, ma utilizzando il trope dell’omegaverse. Ci sono autrici che si strapperebbero i capelli sapendo che i miei omegaverse sono una nemmeno troppo elaborata critica femminista. Dopotutto a loro e ai loro lettori interessa scrivere solo di maschi gravidi per vendetta. Non è quello che interessa a me. Ma mi è capitato di scrivere un omegaverse in cui uno dei personaggi si ritrova a fare sesso non con una, ma con quattro donne contemporaneamente e mi ricordo ancora molto bene la beta reader che cercò di riscrivermi la scena per eliminarle, facendomi andare in bestia da qui per le prossime cinque vite.
In quanto donna, poi, mi ritrovo a dover combattere un altro stigma: se sono donna, non posso scrivere di uomini. Non ho un cazzo, quindi non posso sapere cosa si prova. Fa niente che io abbia degli uomini con cui possa documentarmi in merito, semplicemente mi è vietato (questo mi è stato invece detto da un autore uomo e gay). Poi però devo leggere di uomini che scrivono di seni che sobbalzano in autonomia per l’emozione, tasche nelle vagine, peni inseriti nell’uretra (se esiste, perché ho letto autori convinti che fossimo come le galline e avessimo lo stesso buco per tutto), capezzoli di titanio usati per piantare chiodi, buchi aggiuntivi. Io però non posso dire di sapere con relativa sicurezza dove si trova una prostata. O non posso dire come funziona un culo, perché ehi, mica ne ho uno, le donne non cagano.
Insomma, le donne nel genere romance non se la passano alla grande e, quando potrebbero, non sono apprezzate perché vanno a minare lo status quo ed è un po’ la parabola di quello che accade nella realtà, no?
Andiamo bene solo quando rispettiamo le aspettative che il patriarcato ci ha gentilmente concesso, ma nel momento in cui usciamo dal seminato ecco che cala la ghigliottina.
Sapete cosa vi dico? Che adesso quel romance MMF dove lei mena come un mazziere e deve salvare gli ometti, io lo vado a scrivere.