Le temibili donne cis etero che scrivono romance lgbt+
O di come ho passato indenne una shitstorm su TikTok causata da adolescenti radicalizzati alla concetto di puritanesimo americano.
Ho postato di recente alcuni video sul mio canale TikTok, dove seguo un trend letterario piuttosto banale, ovvero quello di mostrare le coste di alcuni libri che ho scritto e poi far vedere le copertine. Fino a ora ho postato questi video divisi per genere: “4 libri urban fantasy del mio collettivo Lux Lab”, “8 libri romance mm con age gap che ho scritto” e compagnia cantante. Ho in programma di farlo con libri con ambientazione storica o angst, ma l’ultimo che ho postato riguarda l’omegaverse (argomento di cui ero convintissima di aver scritto un articolo, ma che invece mi sono solo immaginata) ed è quello che ha attirato una fascia di utenti piuttosto interessante.
I commenti che ho raccolto non sono più visibili, poiché ho bloccato queste persone (con loro enorme sgomento, in quanto il concetto di bloccare ed eliminare il problema alla radice è qualcosa di ortodosso per gli haterzzz), ma erano tutte sulla falsariga di “che schifo, una donna cis etero che feticizza i gay, i tuoi romanzi danneggiano la comunità lgbt”.
Perché è interessante? Perché scorrendo i profili di questa gente, mi sono resa conto di una cosa raccapricciante che hanno in comune. Non sono troll, sono persone vere, ma peggio ancora sono adolescenti (andiamo dai 13 ai 16 anni in genere), spesso . Sebbene sia stato di una banalità disarmante per me trollarli e pure di gusto prima di bloccarli e ripulire il mio feed dal disagio come se non fossero mai esistiti (perché è questo che dovete fare, gente: prenderli per il culo fino a farli piangere, prima di spedirli nell’iperuranio e cancellarli dalla vostra esistenza), mi sono ritrovata a riflettere sulle loro parole e il loro comportamento ed è nato questo articolo.
Il motivo è semplice: credo sia utile per le persone che hanno a che fare con i social per motivi lavorativi, come affrontare questo genere di persone senza farsi saltare le coronarie. Avere dalla propria la conoscenza dell’argomento rende più forti, inoltre ricordate una cosa: un bullo ha potere se glielo si dà. I social fanno schifo, ma ci hanno dato anche il pulsante blocca. Usatelo, sul serio. Bloccate senza paura ed esiliate i leoni da tastiera nel nulla cosmico a cui appartengono.
Avevo già parlato di cosa significasse essere una donna che scrive di uomini, ma effettivamente non ero ancora caduta vittima di esemplari di questo genere. Ma partiamo con ordine.
Sei una donna cis etero che scrive di uomini
Storicamente, lo yaoi (il fumetto giapponese con storie d’amore gay) nasce dalle donne per altre donne, per motivi sociali particolarmente complessi. Per fare prima vi linko A hole new world, l’interessante podcast di Eleonora Caruso dove spiega tutta la nascita del genere meglio di me, per cui mi concentro sul romance MM, che è il mio settore.
È vero che il romance MM è un genere scritto da donne cis etero per altre donne cis etero? La risposta è sì. O meglio, è anche questo. In effetti è un genere che ha visto il suo prosperare all’incirca dopo il 2010, in cui la maggior parte delle autrici erano appunto donne cis etero. Ed è anche vero che attira per la maggior parte donne di questo tipo, in quanto esse sono le principali fruitrici del genere romance in partenza. C’è anche la questione sessualizzazione, è impossibile negarla, così come negli uomini c’è questa cosa verso le lesbiche. È qualcosa di abbastanza comune.
Ma è anche vero che ci sono anche tantissimi autori uomini nel romance MM. È vero che ci sono autrici e autori trans in questo genere. È vero che ci sono autrici non etero che scrivono romance MM. Io sono una di queste ultime.
Mi sono ritrovata nell’imbarazzante situazione di dover spiegare a una pletora di mocciosi che no, non sono etero. Che vivo con una persona non etero. Che le mie coautrici non sono etero. Che 3/4 del mio collettivo letterario non è etero. Pensate scoprire che JK Rowling non è una maga, che Stephen King non è un serial killer e che Isaac Asimov non è mai stato su un’astronave, né ha mai visitato mondi alieni.
Ora, lasciamo da parte il discorso dell’omegaverse di cui magari parleremo un’altra volta (purtroppo è percepito negativamente a causa di una valanga di manga e manwha yaoi usciti negli ultimi due anni, genere di cui questi ragazzini sono i principali fruitori), torniamo al “sei una donna cis etero che scrive di uomini”.
Questa è la magia dei social unito a un fenomeno di radicalizzazione web che va avanti parecchio, ovvero l’importazione americana della purity culture, di cui vi parlerò dopo nello specifico. Dei ragazzini (che sottolineo si dichiarano parte della comunità lgbt) che non sanno chi sono, cosa faccio o perché (nel video si vede solo la mia mano mentre getto i libri vicino alla mia gatta) hanno deciso, in modo del tutto arbitrario, che io sono una donna etero cis.
Io in Vortice ho scritto una scena, messa in bocca a Mimì, uno dei protagonisti della serie, in cui gli faccio dire questo:
Si asciuga in fretta, indossa i boxer, un paio di calzoncini e una maglietta; vuole solo tornare dalle sue piante. Loro non lo giudicano, loro non gli fanno domande e, soprattutto, non insistono nel far sapere al mondo la loro e la sua sessualità.
Perché a differenza di Bicio e Cesare, che sono capaci di incasellarsi alla perfezione nelle loro scatolette, lui non è così sicuro di saperlo fare e non capisce nemmeno perché dovrebbe essere un problema, visto che è una cosa che riguarda lui e lui soltanto.
Io mi sono sempre definita come una persona queer. Ho passato diversi anni a negare una parte di me e ho esplorato qualsiasi termine, etichetta o altro che non fosse la parola che inizia per bi, perché mi faceva e mi fa ancora paura. Non ho la necessità di applicarmela addosso come se fosse qualcosa di cui andare orgogliosi e non credo lo farò mai. Tuttavia difenderò con la vita tutte le persone che invece sanno quello che sono, non hanno problemi a entrare nella loro scatoletta etichettata e rimanerci. Perché non sono fatti miei.
Di fronte allo sgomento iniziale della mia risposta, qualcuno se ne è uscito con “vabbé sei comunque ancora cis” e notate bene, io adoro questo commento perché non ho fatto alcuna menzione sull’argomento.
Qui arriviamo a una sorta di cortocircuito logico che in realtà ho sempre trovato nella comunità LGBT, ovvero il “non dobbiamo presumere la sessualità delle persone”, salvo poi farlo nel momento in cui una persona si presenta in un determinato modo che corrisponde alle aspettative di un genere. Si parla tanto di transfobia, ma è sempre particolare quando si osserva nella comunità stessa (che poi ci sarebbe da fare un discorso immenso sul come alcune persone queer facciano della loro sessualità o del loro genere la loro intera personalità, ma non sono così polemica oggi).
C’è poi un’incredibile misoginia che la fa da padrone sia nelle comunità lgbt che nell’ambiente etero: se sei donna e scrivi romance sei letteralmente la feccia della feccia. Soprattutto perché sei donna.
Che poi questa cosa spesso non è nemmeno consapevole eh, perché la misoginia interiorizzata esiste eccome ed è un cancro della nostra società.
Credo non esista dimostrazione più evidente che il patriarcato esiste ed è dentro di noi come di quando si parla di una donna che scrive storie d’amore.
Feticizzi i gay
Sapete cosa dice la Treccani in merito?
stereòtipo agg. e s. m. [dal fr. stéréotype, comp. di stéréo- «stereo-» e -type «-tipo»].
s. m., fig. a. Modello convenzionale di atteggiamento, di discorso e sim.: ragionare per stereotipi. In partic., in psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni (corrisponde al fr. cliché): giudicare, definire per stereotipi; s. individuali, se proprî di individui, s. sociali, se proprî di gruppi sociali. b. In linguistica, locuzione o espressione fissatasi in una determinata forma e ripetuta quindi meccanicamente e banalizzata; luogo comune, frase fatta: parlare per stereotipi, abusare di stereotipi; in partic., sinon. di sintagma cristallizzato (v. sintagma). c. Espressione, motto, detto proverbiale o singola parola nella quale si riflettono pregiudizî e opinioni negative con riferimento a gruppi sociali, etnici o professionali.
A queste persone non interessa che nei tuoi libri, che sui social usi parlarne per trope perché se no non vendi (il concetto di strumento di marketing è qualcosa di ancora incredibilmente oscuro), tu porti avanti un discorso politico. Non interessa che tu scrivi bene, che le tue storie si discostano mille anni luce dai primi libri di questo genere. Non importa che tu faccia divulgazione sull’argomento. Loro hanno letto un (1) libro di quel genere che non è piaciuto loro (ma è più facile che abbiano letto un manga yaoi lol) e hanno deciso che tutti i romance MM sono brutti, feticizzano i gay e chiunque ne scriva sia una donna etero cis. E non importa dimostrare l’esatto contrario con i fatti e sapete perché?
Perché stiamo parlando di una fascia di giovani completamente radicalizzata, che chiameremo Anti. Dai 13 fino ai 20 anni, parliamo di una generazione composta da persone culturalmente idiote, nate e cresciute su un social (TikTok) che ucciso il loro cervello e la loro capacità di pensiero critico a botte di video di trenta secondi, instillando l’arte del polarizzare senza chiedersi se una cosa è giusta o sbagliata, di bloccarsi su un’opinione senza avere alcun tipo di curiosità di affrontare l’argomento, di verificare le fonti o peggio, cambiare idea. Unitelo a una scuola che ha smesso di spiegare e ha iniziato a prediligere l’imparare a memoria e capirete dove stiamo arrivando.
Come dicevo sopra, non importa quanto tu possa fare per dimostrare con i fatti che hai ragione, la risposta sarà sempre TL;DR. È una cosa che mi è capitata già altre volte (ne parlo qui), ma che ogni volta mi stupisce perché il pattern è sempre il medesimo.
Torniamo dunque alla purity culture, che è quello che i giovani stanno assorbendo in questo momento al posto del “vivi e lascia vivere”, perché se c’è una cosa classica della polarizzazione è proprio il concetto del “se non piace a me, allora non deve piacere a nessun altro e se a te quella cosa piace, allora te la farò pagare”.
La purity culture
La purity culture è un fenomeno che nasce soprattutto in America del Nord a causa di quello che è il contesto culturale di molte regioni degli Stati Uniti.
Abbiamo quello che equivale a un “culto estremista della purezza” (dove per purezza si intende morale, prima di sessualità ec.), le cui convinzioni si allineano quasi esattamente a quelle del Conservative American Christianity (cristianesimo conservatore americano) in termini di politica di purezza sessuale, ma che è composto per lo più da membri di minoranze le cui identità sessuali e di genere sono di solito osteggiate e oppresse dal cristianesimo conservatore americano (ed è questo che rende strana e a volte assurda la faccenda). Inoltre, le loro tattiche rispecchiano anche i gruppi religiosi pro-censura (come Warriors For Innocence), ma la loro retorica è interamente secolarizzata e derivata dalla teoria di sinistra.
Sono arrivati a questa struttura attraverso un’evoluzione convergente? Attraverso concetti socialmente dominanti nello spazio socio-culturale più ampio che occupano? Potrebbe benissimo esserci casi di emulazione diretta, ma non abbiamo dati storiografici in merito.
Scrive l’utente Tumbrl luckyladylily in merito alla questione (il tema era il termine pedofilia applicato alla fiction):
In sostanza, la convinzione di fondo non è in nessuna di queste definizioni di pedofilia. La convinzione di fondo è che le reazioni istintive degli Anti riflettano la verità oggettiva. Ecco perché i modelli di comportamento degli Anti sono praticamente identici a quelli del cristianesimo americano conservatore e dei culti della purezza sessuale, mentre le loro giustificazioni si basano su un linguaggio progressista. Giudicare la rettitudine in base alle reazioni viscerali è un insegnamento fondamentale del cristianesimo conservatore americano. L’idea è pervasiva nella cultura dominata dal cristianesimo (sia laico che religioso).
Non si giudica ciò che è giusto in base a principi etici e morali ben argomentati, ma in base a reazioni viscerali (i principi religiosi, la coscienza, ecc.).
Inoltre, tutto ciò costituisce modelli di comportamento ben compresi, seguiti da molti gruppi in molte circostanze. I razzisti sono disgustati dalla mescolanza delle razze, gli omofobi sono disgustati dai gay, le TERF sono disgustati dalle persone trans. Il modello di comportamento e la motivazione di fondo sono sempre gli stessi e ogni gruppo fornisce varie giustificazioni a posteriori. Ed è particolarmente significativo che in quasi tutti i casi vengano citate preoccupazioni per la pedofilia.
Gli Anti, i loro modelli di comportamento e la loro ossessione nell’utilizzare una definizione sempre più ampia di pedofilia come giustificazione per il loro comportamento sono praticamente lo standard per qualsiasi moral panic. Le loro giustificazioni sono leggermente modificate in modo egoistico, come accade per tutti i gruppi guidati dal panico morale.
Secondo Samantha Aburime, gli Anti usano la dissonanza cognitiva per giustificare la crudeltà.
Per gli Anti, i media di finzione che gli individui consumano hanno la precedenza su come quell’individuo si comporta nella vita reale: questo ragionamento è la base della giustificazione del modo in cui gli Anti giudicano e prendono di mira i tutti coloro che sono “contro di loro”. Questo giudizio si basa molto sulla dissonanza cognitiva, ovvero il conflitto mentale che si verifica quando le convinzioni di una persona sono contraddette da nuove informazioni (Aronson et al. 2018).
La dissonanza provoca sempre una reazione di disagio. L’obiettivo è ridurre il più possibile tale disagio per sentirsi giustificati nelle proprie azioni, diventando “così coinvolti nel convincersi di avere ragione che spesso si finisce per comportarsi in modo irrazionale e disadattivo”.
Difatti un metodo comune per ridurre la dissonanza è quello di disumanizzare l’obiettivo, rendendo accettabile la sua crudeltà o le sue molestie. È qui che abbiamo dunque lo svilupparsi l’enorme quantità di minacce di morte o degli insulti sui social.
Un’ulteriore disumanizzazione avviene grazie all’anonimato online, che permette ai molestatori di sentirsi generalmente liberi da ripercussioni legali, pur violando le leggi che si applicherebbero in caso di molestie di persona, come le minacce di lesioni fisiche, lo stalking, l’invasione della privacy, l’outing pubblico o il doxing dei loro obiettivi.
Convincendosi che tutti i pro-shipper sono pedofili, che tutte le persone che scrivono MM sono donne cis etero che feticizzano i gay, che chi fruisce di contenuti ritenuti sconvenienti sono dei mostri senza possibilità di redenzione, gli Anti possono giustificare qualsiasi comportamento malvagio nei confronti delle loro vittime, che il più delle volte si manifesta come un aggressivo razzismo, misoginia e omofobia interiorizzati, ma mascherati da un linguaggio progressista che li fa apparire “corretti”. Gli Anti possono anche descrivere il modo in cui sperano che gli individui (compresi i minori) soffrano o muoiano per i loro interessi fittizi o dire alle vittime di violenza sessuale che la loro aggressione era meritata come risultato della natura corrotta di tali interessi:
“Coloro che glorificano qualsiasi tipo di abuso dovrebbero subirlo prima di romanzarlo, in questo modo si rendono conto di quanto sia orribile e si fermeranno. È il 2020, baby, l’anno in cui [i fan delle ship] vengono violentati e muoiono!” — (Shitthyantireylosspeak 2020)
Poiché i principali creatori di fandom sono donne, persone di colore e persone LGBTQIA+, diventa subito evidente come il movimento Anti cerchi di limitare le voci di coloro che sono già vulnerabili, promuovendo così un ulteriore isolamento e violenza nei loro confronti (e appare ridicolo quando appunto a promuovere questi atteggiamenti sono persone già di loro marginalizzate). Gli Anti possono sentirsi più a loro agio nell’affrontare i membri della loro stessa comunità online, perché non hanno le protezioni sociali e sistematiche garantite ai loro veri oppressori. Questo metodo di colpire di traverso o in basso la propria comunità è chiamato trashing, che significa letteralmente buttare via la spazzatura.
I minorenni e gli Anti
Aburime inoltre puntualizza un altro enorme problema del mondo Anti, ovvero quello dell’aver assimilato al suo interno i minorenni, che sono diventati la frangia più pericolosa e complicata da gestire da parte dei creatori di contenuti.
Gli Anti perpetuano il termine “minors” (minorenni) per implicare l’incarnazione della purezza, dell’innocenza e dell’ingenuità, con i minorenni che hanno quindi bisogno di protezione e accoglienza.
Il termine “adulto”, al contrario, è associato al pericolo, alla sessualità e alla predazione. Questa definizione alterata della parola “adulto” si applica però solo ai non-anti, non agli Anti stessi.
Come risultato di questa autoproiezione, gli Anti adulti possono sentirsi incoraggiati a confrontarsi con i minorenni non-anti nel tentativo di aiutarli a correggere la loro espressione e i loro interessi sessuali, presumibilmente inappropriati, espressi all’interno del fandom di mondi fittizi, mettendo così in atto un controllo comportamentale.
Abbiamo quindi l’azione del grooming (invece del famoso cresci che ripasso qui si attua il ti cresco io per farti diventare come voglio) applicata non alla sessualità, bensì al controllo comportamentale ed emotivo.
Sebbene gli Anti affermino di dare la priorità alla sicurezza dei minorenni per proteggerli, li prenderanno comunque di mira con accuse di pedofilia (sì, non ha senso). Come abbiamo già puntualizzato, anche tra i diciassettenni e i diciottenni (i diciotto anni indicano l’età adulta) i confini dell’età sono tracciati con fermezza: alcuni affermano che nelle relazioni sentimentali tra i due non importa se il diciassettenne è “anche solo un giorno più giovane”. Il diciassettenne è ancora un minorenne, il che rende il partner diciottenne un (presunto) pedofilo.
Di conseguenza, giovani adulti e adolescenti che non hanno mai provato sentimenti predatori si chiedono improvvisamente se ne abbiano segretamente, temendo i propri pensieri e il giudizio degli altri. In questo modo, i pensieri e i sentimenti sessuali diventano criminali anche per i minori stessi, rivelando l’intrinseca retorica anti sessuale degli Anti… e del cristianesimo conservatore.
In conclusione
Che siano omegaverse, dark romance, o qualsiasi altro trope/genere, romanzare questi temi mi ha permesso di analizzare sia gli stessi sia le esperienze che ho vissuto nella prima e giovane parte della mia vita. Crescendo ho imparato a prendere le distanze da esse (grazie a una sana dose di terapia che consiglio a tutti) e scrivere age gap (scrivere cose con minori mi è ancora molto difficile, nonostante possa accadere che lo faccia, sempre però mantenendomi sul bordo del “diventa maggiorenne tra due giorni”) mi ha permesso di esorcizzare i traumi del mio passato.
Scrivere di personaggi con fantasie di stupro non significa che io abbia quelle fantasie. Scrivere di personaggi che si fanno pisciare in bocca non significa che io faccia quella pratica sessuale. Scrivere BDSM non significa che mi piaccia e che lo pratichi. Scrivere di personaggi omofobi e transfobici non rende me omofoba e transfobica a mia volta (soprattutto quando grande parte del mio lavoro è proprio mostrare al lettore che io personalmente condanno questo personaggio, non lo glorifico).
Una enorme problematica contro la quale mi sono scontrata è, senza ombra di dubbio, il fatto che gli Anti non riescono a distinguere la realtà dalla fantasia, come già esplicato sopra. Un grave problema cognitivo che porta a generare un sacco di episodi di bullismo che spesso persone meno forti possono vivere come un trauma e portarle addirittura al suicidio.
Vivere i traumi che ho vissuto mi ha insegnato una grande verità: a nessuno importa dei tuoi problemi fintanto che possono usarli come arma contro di te.